VISITA MEDICO-SPORTIVA: PREVENIRE LA MORTE CARDIACA IMPROVVISA

La pratica sportiva ha noti effetti benefici per la salute, soprattutto cardiovascolare, tuttavia in certi casi può innescare eventi aritmici fatali e morte cardiaca improvvisa (MCI). L’attività sportiva non è causa di per sé di aumentata mortalità ma, nelle persone affette da malattie cardiovascolari, può innescare eventi aritmici e anche l’arresto cardiaco. Le condizioni patologiche determinanti questo tragico evento variano in base alla popolazione atletica considerata: tra i giovani atleti sono prevalenti le cardiomiopatie ereditarie e l’origine anomala delle coronarie mentre tra gli atleti master (di età superiore ai 35 anni) prevale l’aterosclerosi coronarica. Scopri di più con gli esperti di Cibum dell’Università di Siena

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Consulenza scientifica

Flavio D'Ascenzi

Specialista in Malattie dell’apparato cardiovascolare, è professore associato di Metodi e didattiche delle Attività Motorie presso il Dipartimento di Biotecnologie mediche dell’Università di Siena. E’ anche professore aggregato di Clinica presso l’Università di Pittsburgh, US. Ha conseguito il Dottorato di ricerca internazionale in Cardiologia presso l’Università di Umea, Svezia. In ambito sportivo, è medico delle Squadre nazionali di Pallavolo Juniores femminile e consulente tecnico-scientifico della Emma Villas, Serie A2 di Pallavolo maschile.

Hanno collaborato al presente testo Chiara Fusi e Luna Cavigli, rispettivamente specializzanda e ricercatrice in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare presso l’Università di Siena.

PRATICA SPORTIVA, PREVENZIONE E SCREENING

La strategia più efficace per ridurre l’incidenza di morte cardiaca improvvisa (MCI) in campo è il riconoscimento precoce delle persone affette da condizioni patologiche che espongono a un aumentato rischio di aritmie ventricolari con la pratica sportiva agonistica.

Questo è il razionale alla base dell’applicazione dei protocolli di screening medico-sportivi per l’idoneità sportiva agonistica.

In Italia, per legge dal 1982, il protocollo di screening per gli sportivi agonisti non professionisti comprende di base:

  • anamnesi, raccolta della storia familiare e personale
  • esame obiettivo, visita medica comprensiva di misurazione della pressione arteriosa
  • elettrocardiogramma (ECG) a 12 derivazioni a riposo
  • per determinati sport, test da sforzo, test dello scalino o test da sforzo su cicloergometro

L’esperienza italiana ha dimostrato che l’aggiunta dell’ECG ad anamnesi ed esame obiettivo consente di aumentare sensibilmente la probabilità di sospettare la presenza di una malattia cardiovascolare a rischio di MCI in atleti altrimenti asintomatici, con un buon rapporto costo-beneficio.

Nella visita ha un ruolo fondamentale anche l’atleta che deve informare il medico se sono presenti sintomi o malattie intercorrenti, sia in occasione sia dopo il rilascio dell’idoneità allo sport agonistico.

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LA VISITA SPORTIVA

Il primo elemento da prendere in considerazione nella raccolta anamnestica è l’impegno fisico dell’atleta (tipo di sport praticato, intensità, durata degli allenamenti e delle competizioni), per potervi poi correlare i successivi riscontri obiettivi ed elettrocardiografici.

L’anamnesi familiare è inoltre fondamentale: infatti, una quota parte significativa delle patologie a rischio di MCI si sviluppa in un contesto eredo-familiare.

L’anamnesi personale è invece mirata a indagare precedenti patologici e sintomi di allarme: dolore toracico da sforzo, sincope o lipotimia, cardiopalmo o sensazione di battito cardiaco irregolare, affanno sproporzionato rispetto al grado di sforzo, fattori di rischio per coronaropatia – in particolare tra gli atleti master, uso di sostanze cardiotossiche (alcol, droghe).

L’esame obiettivo deve focalizzarsi sulla presenza di soffi cardiaci, polsi periferici e pressione arteriosa brachiale.

L’ECG a 12 derivazioni può presentare alterazioni “comuni”, riscontrabili fino all’80% degli atleti, effetto dell’adattamento cardiaco all’esercizio fisico (che non necessitano di ulteriori accertamenti, in assenza di sintomi o familiarità) e “non comuni”, cioè non correlabili all’allenamento e potenzialmente patologici.

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L’ESPERTO: GLI APPROFONDIMENTI DIAGNOSTICI

“In tal caso, l’atleta sarà sottoposto ad approfondimenti diagnostici di secondo livello, inizialmente non invasivi, come l’ecocardiografia, o il monitoraggio Holter ECG delle 24 ore, preferibilmente a 12 derivazioni e comprensivo di seduta di allenamento per osservare il comportamento di eventuali aritmie sotto sforzo”. Indica il Prof. Flavio D’Ascenzi, che spiega: “Se persiste il sospetto di cardiopatia, o nei casi di dubbia interpretazione, si può ricorrere a esami più costosi o invasivi come la risonanza magnetica cardiaca, lo studio elettrofisiologico, la coronarografia. Se al termine del percorso diagnostico, si raggiunge una diagnosi di cardiopatia potenzialmente responsabile di MCI associata alla pratica sportiva, l’atleta può essere giudicato non idoneo alla pratica sportiva agonistica, come da raccomandazioni del COCIS. In questo caso, tuttavia, lo svolgimento di esercizio fisico non è del tutto precluso poiché potrebbe essere valutata l’indicazione a una prescrizione personalizzata dell’esercizio fisico che permetta alla persona di praticare esercizio fisico per il benessere psico-fisico, sulla base di indicazioni specifiche individuali”.

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SCREENING CARDIOVASCOLARE E COVID-19

È noto che l’infezione da SARS-CoV-2 (COVID-19) può esitare in complicanze cardiovascolari e polmonari. Nonostante gli atleti agonisti siano tipicamente giovani e sani e, in caso d’infezione, il decorso sia normalmente asintomatico o lievemente sintomatico, è possibile lo sviluppo di complicanze cardiache tra cui miocardite e pericardite, con possibile innesco di aritmie da sforzo ed eventi durante l’attività sportiva.

Pertanto, in seguito a infezione da SARS-CoV-2 e prima della ripresa degli allenamenti e delle competizioni, è raccomandato uno screening cardiovascolare per escludere queste complicanze e decidere se, quando e come riprendere gli allenamenti e le gare (vedi Circolare del Ministero della Salute del 13 gennaio 2021).

In un nostro recente studio prospettico (Cavigli et al, 2021) condotto su una popolazione di giovani atleti agonisti, è stata osservata un’incidenza di complicanze del 3,3%. Altri studi sono attualmente in corso per fornire dati aggiuntivi circa la prevalenza ed incidenza di complicanze cardiovascolari e la possibile semplificazione del protocollo di screening in casi selezionati.

BIBLIOGRAFIA

  1. Cavigli L, Frascaro F, Turchini F, et al. A prospective study on the consequences of SARS-CoV-2 infection on the heart of young adult competitive athletes: Implications for a safe return-to-play. Int J Cardiol. 2021;336:130-136
  2. Corrado D, Pelliccia A, Bjørnstad HH, et al., Cardiovascular pre-participation screening of young competitive athletes for prevention of sudden death: proposal for a common European protocol. Eur Heart J. 2005; 26(5):516-24
  3. Ministero della Salute. Idoneità all’attività sportiva agonistica in atleti non professionisti COVID-19 positivi guariti e in atleti con sintomi suggestivi per COVID-19 in assenza di diagnosi da SARS-CoV-2. Circolare DGPRE 001269–P–13/01/2021
  4. Protocolli cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport agonistico 2017. https://www.sicsport.com/pubblicazioni/cocis-protocolli-cardiologici-idoneita-sportiva

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