NUOTO IN ACQUE LIBERE: ATTENTI AI RISCHI

Il nuoto amatoriale in piscina ha conosciuto negli anni un grande incremento nel numero dei praticanti così come un aumento del livello qualitativo. Si è riscontrato altresì un sempre maggiore interesse da parte di questa tipologia di nuotatori ad estendere l’esperienza di nuoto verso le acque libere (mare e laghi), mosso principalmente dal desiderio di svolgere una sana attività fisica contatto con la natura o finalizzato all’allenamento e a fini agonistici. Sono nate così decine di gare in tutta Italia, programmate durante la stagione estiva, che vedono un sempre crescente numero di partecipanti. Per esercitare il nuoto amatoriale in acque libere è necessario procedere per fasi e conoscere alcuni elementi di sicurezza legati alla tipicità dell’ambiente marino-lacustre. Scopri di più con gli esperti di Cibum dell’Università di Siena

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Consulenza scientifica

Massimo Giuliani

Si occupa di nuoto in acque libere dal 1987. Nel 1990 entra a far parte dello staff tecnico del Settore Fondo e sino al 1993 ricopre l’incarico di responsabile della preparazione per la 25 km. Dal 1994 al 2020 ha ricoperto il ruolo di Direttore Tecnico delle Squadre Nazionali di Nuoto di Fondo. In questo ruolo, partecipa alle Olimpiadi di Pechino 2008, Londra 2012 e Rio 2016. Attualmente è il segretario della Commissione Tecnica Open Water della Federazione europea delle discipline natatorie (LEN).

IL MARE E I LAGHI: PISCINE A CIELO APERTO

In Italia ci sono circa 1500 km di coste lacustri e 7500 km di coste marine. Il nostro è il Paese con la più alta estensione costiera sul mare d’Europa (dopo l’uscita dalla UE della Gran Bretagna). Un paese letteralmente baciato dal sole, dal mare e con un clima particolarmente mite. Si calcola che circa 4000 km di coste abbiano caratteristiche idonee alla balneazione e quindi ideali per continuare a nuotare anche d’estate, (ma anche d’inverno con l’utilizzo di apposite mute) e dar seguito alla passione ed agli allenamenti intrapresi in inverno all’interno degli impianti natatori.

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CONOSCERE I RISCHI DEL NUOTO IN ACQUE LIBERE

Molti dei malesseri a cui possiamo andare incontro sono comuni a quelli che potremmo avere anche in piscina, anche se amplificati dalle particolari condizioni legate al nuoto in acque aperte. In altre parole, un malessere che insorge in un nuotatore presso un impianto al chiuso ben presidiato dagli Assistenti bagnanti della Federazione Italiana Nuoto può assumere contorni di gravità e drammaticità molto diversi quando ci si trovi a nuotare magari da soli (cosa da evitare) su un tratto costiero senza altri bagnanti o qualcuno che possa scorgerci da riva.

Il nuotatore dovrà tenere in considerazione tutte quelle differenze tra l’ambiente “standardizzato” rappresentato dalle piscine, e quello legato alle situazioni geografiche, orografiche e climatiche delle coste italiane.

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I MALESSERI PIÙ COMUNI

In tutti questi casi, alla prima comparsa dei sintomi, cercare di arrivare a terra, riposare e chiedere aiuto se necessario:

  • Stanchezza. Ci potrà cogliere se sopravvalutiamo le nostre capacità o non abbiamo ben pianificato l’allenamento: pesantezza delle braccia, alterazioni del ritmo respiratorio, sensazione di mancanza di fiato, sensazione di nausea etc
  • Crampi. Avvengono per affaticamento da scarso allenamento. Nei nuotatori, in genere, colpiscono la parte posteriore della gamba (tricipite surale) o della coscia (muscoli ischiocrurali). Possono comparire anche al piede o alle braccia, ma più raramente. In questo caso cercare, nonostante il dolore, di estendere l’arto in senso opposto alla contrazione, stirando la muscolatura colpita, senza spaventarsi e raggiungere la riva
  • Mal di mare. Ebbene si, non c’è bisogno di stare su una barca per avere il mal di mare.
  • Ipoglicemia. Diminuzione di glucosio nel sangue. Escludendo patologie, è un malessere legato anche allo sforzo troppo intenso e/o prolungato e ad una alimentazione carente o errata
  • Fame e sete. Alla comparsa dei sintomi… è già troppo tardi. Ci si deve mantenere idratati e nutriti con accuratezza
  • Ipo/ipertermia. L’ipertermia può avvenire quando ci si allena per un tempo prolungato in acque molto calde, oltre i 30 gradi. (questo rischio, dalle nostre parti, appare più remoto). L’ipotermia invece avviene quando si nuota in acqua molto fredda (sotto i 20 gradi, ma può avvenire anche a temperature superiori) e, nonostante le sensazioni e gli avvertimenti provenienti dal nostro corpo, ci si ostina a proseguire. Questo è un errore: se si sente freddo, e dopo pochi minuti che si nuota questa sensazione non scompare, si deve interrompere l’allenamento. I nuotatori esperti usano la muta per prevenire l’ipotermia
  • Sincope da idrocuzione. Nel nostro caso per ridurre il rischio di questa eventualità, data essenzialmente dalla differenza di temperatura tra l’acqua (fredda) ed il nostro corpo (caldo per il sole), dovremo sempre entrare in acqua molto gradualmente bagnando il corpo in maniera progressiva (gambe, ascelle e spalle, poi collo e testa, e infine pancia e schiena)

BIBLIOGRAFIA

  1. Bonifazi M et al. Gli sport natatori. Med Sport, 62:335-77, 2009
  2. Federazione Italiana Nuoto. Manuale per Assistenti Bagnanti‬. Roma, 2019‬
  3. World Health Organization. WHO guidelines approved by the Guidelines Review Committee. Global recommendations on physical activity for health. Geneva: World Health Organization, 2010
  4. McArdle WD, Katch FI, Katch VL. Fisiologia applicata allo sport. Aspetti Energetici, Nutrizionali e Performance. Casa Editrice Ambrosiana, 2018
  5. Maglischo EW. Swimming Fastest. A Comprehensive Guide To The Science Of Swimming. Human Kinetics Publishers, 2003

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