MICROPLASTICHE NEL CIBO: UN PERICOLO PER LA SALUTE

Le microplastiche sono presenti in acqua, cibo e imballaggi, con potenziali rischi per la salute umana: infiammazione, tossicità sistemica, squilibri endocrini e contaminazione da batteri e metalli pesanti. Sono invisibili e diffuse, e l’esposizione può superare le 100.000 particelle annue a persona. È urgente migliorare il monitoraggio, ridurre l’uso della plastica e informare i consumatori. Scopri di più con i medici di Cibum dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese

microplastics

Consulenza scientifica

Katia Gennai

Dietista. Ha conseguito il Diploma di Tecnico in Dietologia e Dietetica Applicata nel 1994; laurea triennale in dietistica nel 2004. Lavora presso l’UOSA di Dietetica e Nutrizione Clinica dell’AOU Senese. Docente nel corso di laurea in Dietistica.

MICROPLASTICHE NEGLI ALIMENTI: UN PERICOLO INVISIBILE PER LA SALUTE UMANA

Le microplastiche rappresentano un’emergenza ambientale e sanitaria in continua crescita. Derivate dalla frammentazione di rifiuti plastici, queste particelle di dimensioni inferiori ai 5 mm contaminano acqua, aria, suolo e inevitabilmente entrano nella catena alimentare umana. La loro presenza è stata rilevata in una vasta gamma di alimenti, incluse bevande, frutta, verdura, sale e prodotti ittici. Le microplastiche possono essere rilasciate non solo a causa dell’inquinamento ambientale, ma anche da imballaggi alimentari, bottiglie e persino materiali di lavorazione industriale. La pericolosità di queste particelle non risiede solo nella loro natura fisica, ma anche nei monomeri tossici, additivi chimici e inquinanti organici che trasportano, capaci di influenzare negativamente l’organismo umano. Gli studi mostrano che possiamo ingerire fino a diverse centinaia di migliaia di particelle di microplastiche ogni anno. L’effetto sulla salute, sebbene ancora poco conosciuto, include potenziali danni al sistema immunitario, alterazioni ormonali e accumulo in organi vitali, evidenziando la necessità di approfondire l’esposizione cronica attraverso l’alimentazione quotidiana.

EFFETTI TOSSICOLOGICI DELLE MICROPLASTICHE SULL’ORGANISMO UMANO

L’ingestione di microplastiche può causare danni significativi all’organismo umano non solo per la loro presenza fisica, ma soprattutto per i composti chimici e biologici che rilasciano. Tra questi figurano additivi industriali, monomeri residui, metalli pesanti e inquinanti organici persistenti, come PCB e IPA, tutti associati a effetti cancerogeni, endocrini e infiammatori. Inoltre, le microplastiche agiscono come veicolo di batteri patogeni e geni resistenti agli antibiotici, aumentando il rischio di infezioni e favorendo l’insorgenza di resistenze antimicrobiche. Studi su modelli animali e cellulari hanno dimostrato che queste particelle possono provocare infiammazione intestinale, alterazioni del microbiota, stress ossidativo, e persino danni neurologici in presenza di particelle di dimensioni nanometriche capaci di superare la barriera emato-encefalica. È stato osservato che le microplastiche più piccole possono attraversare le cellule intestinali e raggiungere organi come fegato, reni e testicoli, inducendo apoptosi e interferendo con il metabolismo lipidico e ormonale. Ancora più allarmante è la loro presenza documentata nella placenta umana, segno di un’esposizione sistemica che potrebbe compromettere lo sviluppo fetale. Nonostante le difficoltà nel misurare con precisione il loro assorbimento e bioaccumulo, la crescente evidenza scientifica sottolinea l’urgenza di studi approfonditi per comprendere il reale impatto sanitario delle microplastiche.

FONTI ALIMENTARI DI MICROPLASTICHE E STIMA DELL’ESPOSIZIONE UMANA

La presenza di microplastiche negli alimenti è ormai documentata in una vasta gamma di prodotti di consumo quotidiano. Tra le principali fonti figurano l’acqua potabile, sia imbottigliata che del rubinetto, frutta e verdura, pesce e molluschi, sale, zucchero, miele, latte e alimenti confezionati. L’ingestione può derivare anche da oggetti e materiali a contatto con il cibo, come contenitori monouso, bottiglie, pellicole e persino biberon per neonati. Studi recenti hanno stimato che l’assunzione annua di microplastiche può variare da decine di migliaia a oltre 100.000 particelle per persona, a seconda delle abitudini alimentari, del tipo di alimenti consumati e della fonte idrica utilizzata. L’esposizione è particolarmente rilevante per bambini e neonati, più vulnerabili agli effetti tossici. Alcuni alimenti mostrano livelli particolarmente elevati di contaminazione: le cozze, consumate intere, possono contenere fino a 900 particelle per porzione, mentre in alcuni frutti come mele e pere si possono trovare oltre 200.000 particelle per grammo. Anche il riso e gli alimenti in scatola risultano contaminati, così come i prodotti sottoposti a processi industriali complessi. Il dato più allarmante è che molte di queste particelle sono invisibili a occhio nudo, rendendo la micro-esposizione continua e non percepibile dal consumatore. Per questo motivo, è fondamentale promuovere strategie di monitoraggio, migliorare i materiali di confezionamento e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla riduzione dell’uso della plastica, anche in ambito alimentare.

BIBLIOGRAFIA

  1. Udovicki B, Andjelkovic M, Cirkovic‑Velickovic T, Rajkovic A. Microplastics in food: scoping review on health effects, occurrence, and human exposure. International Journal of Food Contamination, 2022.
  2. Prüst M, Meijer J, Westerink RH. The plastic brain: neurotoxicity of micro- and nanoplastics. Environmental Health Perspectives, 2020.
  3. Kannan K, Vimalkumar K. A review of human exposure to microplastics and insights into potential health effects. Journal of Hazardous Materials, 2021.

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