DIETA: UN AIUTO CONTRO INFIAMMAZIONE E DOLORE CRONICO

Il dolore cronico rappresenta uno dei principali problemi sanitari in Europa. Tale disturbo può non avere una diagnosi poiché, più che ad una patologia, può essere associato ad un’alterazione dell’omeostasi con conseguente variazione fisiologica di uno o più meccanismi del corpo umano. Una corretta alimentazione può aiutare a combatterlo. Scopri di più con i medici di Cibum dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese

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Consulenza scientifica

Anna Maria Aloisi

Ordinaria di fisiologia presso l’Università di Siena, ha dedicato gli studi alle differenze di genere e in particolare all’interazione tra ormoni gonadici e dolore. Dirige la European Pain School che si tiene ogni anno a Siena.

Ha collaborato al presente testo la dott. ssa Ilenia Casini

IL DOLORE CRONICO

Il dolore cronico è spesso associato a profonde modificazioni della personalità e dello stile di vita del paziente che costituiscono fattori di mantenimento indipendenti dall’azione dei nocicettori. Il dolore svolge un’importante funzione protettiva poiché, rappresenta il mezzo con cui l’organismo segnala un eventuale danno.

Il dolore non può essere descritto solo come un fenomeno sensoriale, bensì deve essere visto come la composizione di una parte percettiva (la nocicezione) e di una parte esperienziale. La componente percettiva del dolore (o componente neurologica) è costituita da un circuito a tre neuroni che convoglia lo stimolo doloroso dalla periferia alla corteccia cerebrale mediante le vie spino-talamiche.

La parte esperienziale del dolore (o componente psichica), responsabile della valutazione critica dell’impulso algogeno, riguarda la corteccia cerebrale e la formazione reticolare e permette di discriminare l’intensità, la qualità e il punto di provenienza dello stimolo nocivo; da queste strutture vengono modulate le risposte reattive. Tra le cause non collegate a fattori specifici che danno dolore cronico c’è l’infiammazione.

L’INFIAMMAZIONE

L’infiammazione è un meccanismo di difesa non specifico innato, che costituisce una risposta protettiva, seguente all’azione dannosa di agenti fisici, chimici e biologici, che come obiettivo finale ha l’eliminazione della causa iniziale del danno cellulare o tissutale. L’infiammazione consiste in una sequenza dinamica di fenomeni che si manifestano con un’intensa reazione vascolare e soprattutto con la liberazione di sostanze endogene: i mediatori chimici della flogosi.

L’infiammazione serve, dunque, a distruggere, diluire e confinare l’agente lesivo, ma allo stesso tempo mette in moto una serie di meccanismi che favoriscono la riparazione o la sostituzione del tessuto danneggiato.

ALIMENTAZIONE ED INFIAMMAZIONE

L’alimentazione può causare infiammazione. Stati infiammatori del sistema digerente possono indurre il rilascio di citochine che possono arrivare al sistema nervoso centrale; queste sono molecole proteiche prodotte da vari tipi di cellule e secrete nel mezzo circostante di solito in risposta ad uno stimolo, ed in grado di modificare il comportamento di altre cellule inducendo nuove attività come crescita, differenziazione e morte.

La loro azione di solito è locale, ma talvolta può manifestarsi su tutto l’organismo. Hanno una vita media di pochi minuti. In particolare, il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α), l’interleuchina-1β (IL-1β) e l’interleuchina-6 (IL-6) sono citochine proinfiammatorie e al tempo stesso mediatori del dolore cronico. A seguito di uno stato infiammatorio si possono anche riscontrare modificazioni della permeabilità intestinale con allentamento delle giunzioni serrate e passaggio in circolo di sostanze /tossine dannose per i tessuti su cui si potranno depositare trattenendo acqua.

Diversi studi hanno dimostrato un’elevata comorbilità tra disturbi gastrointestinali e sindromi dolorose croniche, come ad esempio la notevole incidenza tra la sindrome dell’intestino irritabile (IBS) e la fibromialgia. O ancora, sono state riscontrate mutazioni associate al rischio di artrite reumatoide che determinano un aumento del rischio di malattie infiammatorie intestinali (IBD), suggerendo che l’artrite gioca un ruolo causale nella patogenesi di IBD. Altre comorbidità sono state riscontrate con il mal di testa, con la lombalgia, con il dolore diffuso agli arti e con il dolore viscerale.

ALIMENTAZIONE E DOLORE

sistemica e sullo stato di dolore. L’approccio dietetico è stato proposto per varie tipologie di dolore. Il corpo umano utilizza sei categorie di nutrienti provenienti dal cibo: carboidrati, grassi, proteine, fibre, minerali e vitamine. La dietoterapia rappresenta una dieta prescritta da professionisti che fornisce nutrienti specifici, antiossidanti o integratori prebiotici per effetti benefici sulla salute. I modelli dietetici nel dolore cronico sembrano avere un impatto positivo anche sulle comorbidità tra cui l’obesità, il diabete mellito di tipo 2, le malattie cardiovascolari e la depressione.

La dieta occidentale basata su carne lavorata, cibi zuccherati, cereali raffinati e scarso apporto di frutta e verdura provoca un’eccessiva produzione di mediatori proinfiammatori che sensibilizzano i neuroni afferenti periferici tra cui interleuchine, istamina, TNF-α, 5-idrossitriptamina, bradichinina, radicali ed eicosanoidi (prostaglandine, leucotrieni e trombossano). Lo squilibrio della dieta occidentale produce anche meno mediatori antinfiammatori, inclusi antiossidanti e difese antiossidanti.

Questo aumento di infiammazione o meglio questa riduzione di difese antinfiammatorie può portare ad un incremento del dolore o alla persistenza di esso. L’alleviamento del dolore cronico può essere ottenuto riducendo l’assunzione di cibi proinfiammatori e aumentando l’assunzione di grassi insaturi, frutta e verdura. I requisiti di tali diete sono soddisfatti da diete ricche di cereali integrali, pesce, frutta, verdure verdi e olio d’oliva. Studi recenti hanno identificato molte scelte dietetiche che possono migliorare il dolore cronico grazie a componenti con proprietà antiossidanti e antinfiammatorie.

DIETA E TERAPIA CONTRO IL DOLORE

Nell’ultimo decennio, numerosi studi clinici si sono concentrati su modelli dietetici, componenti o integratori che influenzano il dolore cronico, cercando di affrontare percorsi fisiopatologici come l’infiammazione, lo stress ossidativo o gli effetti farmacologici dei nutraceutici sul sollievo dal dolore.

Nella fibromialgia e nel dolore muscoloscheletrico cronico generalizzato, il dolore e il deficit funzionale sono alleviati da una dieta a basso contenuto di grassi a base vegetale, una dieta vegana o una dieta a basso contenuto di FODMAP, influenzando positivamente anche i biomarcatori infiammatori.

Nella lombalgia e nell’artrosi del ginocchio diagnosticate in soggetti obesi, la dieta ipocalorica sembra portare ad un’adeguata riduzione del peso, che potrebbe ritardare il decorso della malattia. Gli effetti di questa dieta includono anche l’abbassamento dei profili di colesterolo e, insieme agli interventi adiuvanti sul metabolismo della cartilagine, potrebbero assicurare un’alternativa a lungo termine nella gestione di questi pazienti.

Il mal di testa, soprattutto come attacco di emicrania o come sintomo di accompagnamento in varie situazioni cliniche, sembra rispondere alle diete a basso contenuto di grassi e agli integratori di omega3. Numerosi studi clinici hanno dimostrato gli effetti benefici dell’integrazione di omega3 nelle malattie infiammatorie e autoimmuni, ad esempio lupus eritematoso, artrite reumatoide, colite ulcerosa, e anche nelle malattie neuroinfiammatorie e neurodegenerative.

Gli interventi dietetici nel dolore viscerale cronico sembrano essere correlati con la pancreatite cronica, in cui una combinazione di antiossidanti o una dieta a basso contenuto di grassi erano raccomandati per alleviare i sintomi e la stitichezza cronica.

In conclusione, gli approcci dietetici al dolore cronico dovrebbero includere l’educazione allo stile di vita per una dieta equilibrata seguendo modelli alimentari sani, cure interdisciplinari e integratori alimentari ove necessario per ottenere i migliori risultati.

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