Consulenza scientifica
INTERVENTI NUTRIZIONALI PER LA PREVENZIONE DEL DECLINO COGNITIVO: IL RUOLO DEL RESVERATROLO E ALTRI NUTRIENTI
L’interesse verso l’alimentazione come strategia di prevenzione e trattamento del declino cognitivo è in continuo aumento, in particolare in relazione a patologie neurodegenerative come l’Alzheimer. La nutrizione si conferma un fattore modificabile durante tutta la vita, con un potenziale impatto sulla salute cerebrale. Studi osservazionali, sperimentazioni cliniche e modelli animali suggeriscono che una dieta ricca di specifici nutrienti può influire positivamente sulle funzioni cognitive. In particolare, alcuni integratori alimentari come acidi grassi Ω-3, vitamina E, acido folico e formulazioni multi-nutrizionali hanno mostrato risultati preliminari promettenti. Tuttavia, l’efficacia clinica non è stata ancora definitivamente dimostrata, a causa dell’eterogeneità nei risultati e di limiti metodologici delle ricerche. A oggi, le evidenze più convincenti derivano da studi clinici controllati che si concentrano sul miglioramento delle capacità cognitive e funzionali in soggetti con deterioramento cognitivo lieve (MCI) o demenza lieve da Alzheimer, mettendo in luce il bisogno di ulteriori ricerche strutturate per includere questi elementi nelle linee guida cliniche ufficiali.

EVIDENZE CLINICHE E LIMITI DEGLI STUDI SULLA SUPPLEMENTAZIONE NUTRIZIONALE
Le sperimentazioni cliniche sull’impiego di nutrienti specifici nel trattamento del deficit cognitivo hanno prodotto risultati contrastanti. Alcuni studi randomizzati hanno indagato l’effetto di singole vitamine come il complesso B, l’acido folico, la vitamina E, e di antiossidanti come i polifenoli, inclusi i flavonoidi e il resveratrolo, sostanza presente nel vino rosso, ma senza riscontrare benefici clinicamente rilevanti nella maggior parte dei casi. In particolare, il resveratrolo, pur mostrando effetti positivi su alcuni biomarcatori, non ha portato a miglioramenti cognitivi significativi nei soggetti con Alzheimer. L’efficacia degli integratori dipende spesso da fattori individuali, come lo stato nutrizionale di base, la presenza di varianti genetiche (es. APOE-ε4) e la capacità dell’organismo di metabolizzare alcune sostanze. Ulteriori limiti includono la breve durata degli interventi, le ridotte dimensioni campionarie e l’uso di placebo attivi, come oli vegetali ricchi di acidi grassi insaturi, che possono alterare i risultati. Queste criticità rendono difficile generalizzare i dati e identificare con certezza i nutrienti efficaci nella prevenzione o nel rallentamento del deterioramento mentale.

VERSO APPROCCI MULTIDOMINIO: DIETA MEDITERRANEA E INTERVENTI INTEGRATI
Di fronte ai risultati incerti dei singoli nutrienti, cresce l’interesse per strategie più ampie e sinergiche, come gli interventi multidominio che combinano alimentazione, attività fisica, stimolazione cognitiva e controllo dei fattori cardiovascolari. In questo contesto, la dieta mediterranea emerge come uno dei modelli alimentari più studiati e promettenti, grazie al suo contenuto ricco di frutta, verdura, olio extravergine d’oliva e pesce. Numerosi studi osservazionali e trial clinici hanno evidenziato un’associazione tra questo regime dietetico e una minore incidenza di demenza e declino cognitivo. Inoltre, si è osservato che il calo del peso corporeo può precedere l’insorgenza dell’Alzheimer, suggerendo che lo stato nutrizionale può essere non solo una conseguenza ma anche un potenziale fattore di rischio. Per affrontare la complessità dei meccanismi alla base delle malattie neurodegenerative, i futuri studi dovranno focalizzarsi su campioni omogenei, diagnosi precoci e durata sufficiente degli interventi. Solo attraverso un approccio integrato e precoce sarà possibile valutare con maggiore precisione l’impatto della nutrizione sul benessere mentale.
BIBLIOGRAFIA
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